Il Centro Polus di Balerna è un esempio virtuoso del riuso di un edificio industriale – tema caro al PLR – che da fabbrica di tabacco è oggi un agglomerato di aziende, innovazione, cultura e storia. Il Monte San Giorgio, patrimonio mondiale UNESCO, è tra i più importanti giacimenti fossiliferi al mondo del Triassico Medio, un’epoca geologica compresa tra 247 e 237 milioni di anni fa. Ne parliamo con Giovanna Staub che divide la sua attività professionale nel valorizzare il territorio come imprenditrice e site manager svizzera.
Giovanna Staub. Da manifattura di tabacchi, la Polus – centenaria nel 2012 – si è riconvertita in «casa ideale» per oltre 30 aziende, in una fucina di attività dalle profonde radici storiche. A ricordare la coltura del tabacco ci sono oggi solo le piantine che adornano l’entrata della direzione e i manifesti appesi alle pareti del suo ufficio...
La Polus è stata una delle principale industrie ticinesi della lavorazione del tabacco di produzione svizzera, e della fabbricazione di sigari. Il declino e la scomparsa della tabacchicoltura in Ticino, in particolare nel Mendrisiotto, ha portato ad un progressivo abbandono dell’attività definitivamente cessata nel 1992.
Gli stabili della Polus sono un raro esempio di «archeologia industriale» con tutte le caratteristiche ed il fascino che ne derivano, per cui si è deciso di riconvertire gli spazi e destinarli ad altre attività. Si è quindi dato avvio a una ristrutturazione a tappe che si è conclusa nel 2005. Del 2008 è invece l’intervento di valorizzazione del locale un tempo destinato a refettorio per le sigaraie e le altre maestranze, ora locale multiuso denominato «Sala Carlo Basilico» in onore dell’artista che la decorò.
Non è stata una riconversione facile ma oggi la Polus è una realtà che rivive in altro modo una storia centenaria che ha avuto inizio anche grazie a mio nonno, Giovanni Staub.
Lei svolge due attività – la gestione del Centro Polus e l’impegno quale site manager svizzera del Monte San Giorgio – che non sembrerebbero avere molto in comune, qualcosa però le unisce...
Direi il territorio o meglio la valorizzazione delle potenzialità racchiuse in entrambi i siti. Alla Polus svolgo un’attività imprenditoriale che continua ad essere un punto di riferimento nella regione per chi crea e cerca lavoro. E’ un legame anche culturale che si è rafforzato con il giubileo del centenario, ed è una bella cosa.
Il Monte San Giorgio è un’altra realtà che richiede però la conoscenza e l’integrazione nel territorio di un patrimonio costituito da beni naturali che sebbene locali hanno un valore universale, è l’eredità del passato da conservare e trasmettere alle future generazioni. Stiamo parlando di valori che travalicano i confini regionali e cantonali e che richiedono di essere protetti, da tutti noi. E’ questo il messaggio e lo spirito per cui esistono i siti UNESCO, e che accompagna il lavoro del site manager lungo un percorso di consultazione e concertazione tra gli enti interessati, nel caso del Monte San Giorgio svizzeri e italiani, di comunicazione ed educazione verso la popolazione, i giovani in primis, e i turisti. E’ un lavoro che mi affascina, ci metto anima e corpo da 4 anni e mezzo. Il fatto curioso è che prima di essere scelta site manager svizzera fra un centinaio di candidati, avevo seguito un corso di formazione per diventare guida del Monte San Giorgio.
Che significato ha per lei promuovere due siti dalle forti valenze e dalle profonde radici storiche?
Se parliamo del Monte San Giorgio sento forte lo spirito che fa parte dei nostri compiti di gestori: far conoscere il fascino di un mondo perduto risalente a oltre 200 milioni di anni fa, e far capire il significato di essere patrimonio dell’umanità, ossia che è un bene di tutti, non solo della Fondazione del Monte San Giorgio, ente gestore per la parte svizzera. Non è semplice entrare nella lista dell’UNESCO e spesso viene dimenticato, ragione per la quale la comunicazione e la sensibilizzazione, a tutti i livelli, hanno un ruolo di rilievo. In più il Monte San Giorgio è un sito transnazionale per cui le attività di protezione, promozione e divulgazione sono svolte in collaborazione tra gli enti gestori e istituzionali svizzeri e italiani, un aspetto altrettanto interessante.
Il Centro Polus è un’altra dimensione, molto più locale, in cui affondano le radici della famiglia. Non ho conosciuto mio nonno, ho letto molte cose sue e un po’ mi identifico in questo uomo che è stato precursore in tanti ambiti: ad esempio la Polus ha costituito un fondo di previdenza prima dell’istituzione del secondo pilastro. E poi la sensibilità verso l’arte... un vero imprenditore come lo è stato anche mio papà. Cerco di seguire il loro esempio, far vivere l’economia locale nel rispetto di chi ci lavora.
Uno spirito che secondo lei manca agli imprenditori di oggi?
Delle volte forse, ma in tempi di «vacche grasse» è più facile investire in iniziative culturali e sociali. Ne siamo noi stessi la prova, fino a quando lo stabile non era ristrutturato e occupato, la «Sala Carlo Basilico» non era la priorità. Credo comunque che sia compito dell’imprenditore dare prova di sensibilità e di ascolto del territorio, e curare le relazioni con chi ti circonda. Purtroppo il tempo è una risorsa sempre più scarsa che a volte sacrifica le relazioni umane, che sono poi quelle che favoriscono idee, progetti e quindi il progresso.
La Polus è un esempio virtuoso di riuso funzionale di uno stabile industriale. Il PLR si sta battendo per rivitalizzare aree ed edifici dismessi. Quando sono importanti azioni come quelle del PLR?
E’ importante considerare questo aspetto del riuso di aree dismesse, non tutte le situazioni sono però uguali. Noi abbiamo fatto questa operazione con i nostri mezzi, senza incentivi e facilitazioni. C’è dunque da capire dove si può intervenire, e come. Sono comunque convinta che sia un tema di grande interesse e attualità.
Quali difficoltà avete incontrato nell’attuazione del progetto?
La difficoltà è stata riconvertire un’azienda di 80 anni con un know how ben preciso, e come trovare i giusti partner. Lo stabile aveva inoltre un valore architettonico e 8’000 metri di superficie. Ci siamo appellati a specialisti e artigiani competenti, che nel tempo sono stati fidelizzati. Il buon clima di lavoro ha permesso di essere veloci nel creare spazi modulari secondo le esigenze degli inquilini. Dai primi contratti sono seguiti investimenti più importanti e oggi oltre 30 attività imprenditoriali convivono sotto lo stesso tetto. La promozione più efficace è stato il passa parola, una grande verità.
Progetti futuri?
Per la Polus è in fase di studio la ristrutturazione del sottotetto, uno spazio molto affascinante che sembrava inutilizzabile ma che invece si è rivelato un ambiente ideale per ospitare ad esempio mostre come quella allestita un anno fa, o altri contenuti attualmente al vaglio. Parallelamente continueremo ad organizzare eventi con attori del mondo economico e culturale. Stiamo inoltre valutando se abbia un senso edificare sulla particella attualmente adibita a posteggi.
Per il Monte San Giorgio – www.montesangiorgio.org – sono in previsione tanti progetti, il più importante è sicuramente la revisione del piano di gestione transnazionale, lo strumento che descrive il processo di azioni e indirizzi comuni (svizzeri e italiani) per il sito. Quello attuale risale alla candidatura della parte italiana, che ottenne il riconoscimento nel 2010 (la parte svizzera già nel 2003). Per noi è fondamentale rivedere il piano perché non è evidente gestire un sito da parte di due organizzazioni che fanno parte di altrettanti sistemi-paese differenti. Nel merito dei progetti svizzeri, s’intende valorizzare due siti di scavo; e per il Museo di Meride, oltre alle attività di animazione, l’offerta di audioguide dedicate i ragazzi, e lo sviluppo di un gioco sui fossili. E’ in previsione pure l’organizzazione di un importante simposio.
Il Monte San Giorgio è riconosciuto per la sua particolarità geo-paleontologica... anche per il dialogo e la cooperazione con i partner italiani?
C’è una buona collaborazione, ma le modalità e i diversi sistemi-paese di cui si parlava sono a volte fonte di difficoltà, non da ultimo per quanto riguarda l’aspetto finanziario. E’ bell’esercizio, una bella sfida, che richiede anche pazienza e perseveranza.
LA POLUS DI BALERNA
104 anni di storie, ambienti e lavoro
Nel 1912 era una fabbrica di tabacco; oggi è un centro polifunzionale dove convivono imprese, cultura, innovazione. Qui prendono forma nuove realtà degli affari, della tecnologia, dei servizi, con aziende scientifiche, commerciali e della moda, studi professionali e creativi, enti di promozione del territorio. La Polus rappresenta oggi uno dei principali centri immobiliari della zona, in cui operano oltre 30 aziende di vari settori economici, con complessivamente un centinaio di collaboratori.
Gli stabili della Polus rappresentano un’area industriale che, pur mantenendo i pregi architettonici di un tempo, risponde appieno alle esigenze attuali e che continua a essere una fucina di attività per il benessere del territorio.
Un esempio concreto e virtuoso di riuso funzionale, con un edificio che segue l’evoluzione dei tempi e che continua a rinnovarsi anche grazie ad appassionati e sapienti restauri. Un esempio su tutti è la Sala Carlo Basilico: l’antico refettorio delle sigaraie è stato trasformato in un’affascinante location per convegni, ricevimenti ed eventi, dove la pavimentazione originale e gli affreschi del pittore chiassese Carlo Basilico si offrono agli occhi ammirati dei cultori del bello.
La Polus vuole continuare a essere un punto di riferimento del territorio, una casa ideale di tutti, come rappresentato dal logo del centenario – giubileo festeggiato nel 2012 – cui i due zeri del numero 100 creano il simbolo dell’infinito. La storia continua!